Nel 1995, stufo del vizio nazionale dell’autodenigrazione, pubblicai unElogio degli italiani con Mondadori. Cinque anni dopo, lo ampliai e riproposi nella prestigiosa Bur comeDoveroso elogio degli italiani. Com’è noto, il tema dell’identità nazionale è, ormai, argomento di convegni, dibattiti e mostre, sponsor ministeriali e affollata partecipazione di Vip. A me, nessuno mi ha mai invitato in nessun posto. Di più: ho corso anche rischi giudiziari. Bene, così imparo a fare il pioniere. Pentito? Per niente, anche perché in quel mio libro paragonavo gli italiani agli stranieri e i primi ne uscivano a testa altissima. Cosa che può confermare chiunque sia stato all’estero non da turista. Ma è ora, per me, di chiarire che l’elogio può scaturire solo dai paragoni. E basta. Un po’ di esempi. 
A un recentissimo convegno milanese sulla famigerata 194 (la legge sull’aborto, per intenderci) un politico presente ammetteva che, sì, in parlamento esiste uno schieramento trasversale grosso modo quantificabile nel cinquanta per cento (dunque, metà) favorevole almeno a una revisione; ma i sondaggi dicono che il «paese reale» non ne vuol sapere. Eggià: aborto e divorzio in Italia sono passati a colpi di referendum popolari. Una radiografia accurata degli italiani mostra che non amano i bambini, ma i cani sì e guai a chi glieli tocca. 
Esperienza personale: un mio editoriale di plauso all’amministrazione milanese che cercava di introdurre l’obbligo di museruola almeno per le belve di grossa taglia è stato ricoperto di insulti estensibili al direttore del giornale. Il papa, che non è nemmeno italiano, è ormai un leader morale planetario, si dice. Ma de che? (alla romana: quanno ce vo’, ce vo’). Quando parla di morale cattolica non gli dà retta nessuno. Quando dice «qualcosa di sinistra», vien giù la scena dagli applausi (vedi pacifismi recenti). 
Non a caso è Vicario di Cristo, il quale si prese gli «osanna!» e le palme quando lasciò credere di essere il Re-Messia (politico e nazionalista) atteso; poi, chiarita la verità, la croce. Anche il b. Pio IX era acclamato quando faceva il liberale; poi fece il papa e si sa com’è finita. Coi soli aborti legali, da quando c’è la legge, siamo sui cinque milioni in meno. Importiamo immigrati per pagarci la pensione, ma preferiamo farci il cane anziché il pargolo. 
Consentiamo che clandestini, disonesti e disobbedienti vari non paghino nulla e sfascino tanto, ma se qualcuno si azzarda a far rispettare le legge eccoci in piazza a impedire che si tocchi Caino. Se nomadi e alternativi bivaccano nelle chiese, c’è sempre qualche vescovo che «alza la sua voce». Contro la polizia. E allora, fesso, cosa vai ad elogiare…