Attirato come sono dalle notiziole, quelle di poche righe che stanno negli angoli più anonimi dei giornali, non potevo non puntare lo zoom dei miei occhiali su questa: «Anche un prete nella giuria di Miss Italia» (Il Giornale, 27.6.03). 

Si tratta di un monsignore che farà il giurato nelle finali del concorso. L’invito lo ha raggiunto mentre era «in ritiro spirituale». Ha accettato «entusiasta della proposta» e il patron della manifestazione, Enzo Mirigliano, ha dichiarato: «Tutti i sacerdoti dovrebbero prendere esempio da lui». 

Ma noi speriamo di no, perché le vocazioni sono scarse e il da fare è tanto. Basta uno, giusto come testimonial . La Chiesa, infatti, è «maestra in umanità» e non può non tener conto di ogni attività di quest’ultima. 

E poi, ma sì, oggi non è più come una volta: le aspiranti miss devono dimostrare di avere cervello e personalità, oltre che misure perfette e gambe lunghe (inutile scandalizzarsi: dall’aspetto fisico non si può prescidere; vorreste una racchia, pur se geniale, a rappresentare l’Italia?). 

Ricordo l’unica volta che, in vita mia, accettai di far da giurato a un concorso per miss. Mi dissi: non è bene mostrarsi bacchettoni. Così, sul bordo della piscina di un locale notturno, insieme ad altri Vip passai la serata ad applaudire studentesse e commesse in succinti costumi da bagno ma calzate coi tacchi a spillo. 

E a chiedermi: cosa ci fa qui uno «scrittore cattolico»? Poiché alla fine mi risposi, quella fu la prima e l’ultima volta.