Scusate se torno ancora una volta sul caso Sofri. Magari, quando questo «antidoto» vedrà la luce sarà già stato graziato, glielo auguro. 

No, neanche questa volta voglio dire la mia sulla faccenda. Solo, esprimergli tutta la mia invidia. La Bibbia dice «guai ai soli!» e «chi trova un amico trova un tesoro». E anche il Vangelo insiste: «fatevi degli amici…». Invidio Sofri perché, pur non essendo cattolico, è riuscito ad applicare a se stesso le Scritture meglio dei credenti e praticanti. 

Immaginate se al suo posto ci fosse stato un cattolico; che so, uno a caso: io. Sì, immaginate il sottoscritto condannato a pena definitiva come mandante di un omicidio, un omicidio perpetrato a sangue freddo e alle spalle. Sicuramente, tutti i cattolici avrebbero, e con disgusto, preso le distanze da me. 

Forse qualche suora anonima sarebbe venuta a portarmi le arance in cella, qualche volta. Ma, dite la verità, ce li vedete i comitati, i titoloni sui giornali, gli appelli, la raccolta di firme in Parlamento, le rubriche, le interviste? No? Nemmeno io. 

Avrebbero tutti quanti (voi compresi, amati lettori) perfino negato di avermi mai conosciuto. I preti per primi. E vi dico di più. Il vuoto attorno mi si sarebbe formato anche in caso di semplice sospetto, anche solo con un’apparizione in pagina con sotto la scritta: «indagato». Ho preso me come esempio solo perché sono la persona che conosco meglio. 

Ma temo che quel che ho detto valga per tutto il cattolicume che ci circonda e che costituisce (meditate!) forse la prima causa della scristianizzazione. Domanda: come è potuto accadere che la religione del coraggio e dell’ardimento sia diventata una melassa da vili e rinunciatari?