Una delle massime attribuite al “divo” Giulio Andreotti è questa: «A pensar male si fa peccato però spesso ci s’azzecca». 

Applicando questo metodo di indagine alla recente polemica scatenata dal documento ratzingeriano sull’omosessualità, un titolo di giornale (nella fattispecie, Il Corriere della Sera del 2 agosto u.s.) può rivelarsi di qualche utilità. Questo: «Ecco quanto vale il mercato omosex». Segue articolo con box e tabelle. Fra i sottotitoli: «Rappresentano tra il 5 e il 7% degli acquisti». Dunque, in tempi di idolatria del mercato, una realtà da trattare con guanti bianchi e tappeti rossi. 

Ora, prima di proseguire, mi si permetta di presentare le mie credenziali: in tempi non sospetti ho pubblicato un articolo, su «Avvenire», nel quale sostenevo di non veder nulla di strano nel fatto che alcuni dei Santi venerati dalla Chiesa potessero avere avuto tendenze omosessuali: la santità può essere raggiunta da qualunque condizione. E la castità è una virtù obbligatoria per tutti i cristiani, eterosessuali compresi. 

Più recentemente, su «Il Timone» (che, lo ricordo, è una rivista di apologetica cattolica), nella mia rubrica ho scritto un «Elogio di Dolce & Gabbana», causa l’aperta professione di fede cattolica dei due stilisti. I quali, pur non nascondendo il loro desiderio di adottare bambini, dichiarano nelle interviste di aver scelto di obbedire alla Chiesa. Questo ho detto per mettere le mani avanti: da parte mia, nessun pregiudizio moralistico o epidermico nei confronti delle persone omosessuali. 

Chi mi segue sa anche che, quando l’ho ritenuto necessario, non ho esitato a bacchettare il clero. Ma qui la Chiesa ha ragione, e basta. Semmai, ci sarebbe da andare a vedere le carte dei suoi critici, quelli che, pelosamente, hanno sposato incondizionatamente la causa gay per motivi solo elettorali ed economici. Tuttavia, anche qui si potrebbe avere qualche sorpresa: quel «rappresentano tra il 5 e il 7% degli acquisti» non vuol dire che rappresentano le stesse cifre in termini di voti. 

Al tempo della presidenza Clinton, negli Usa la lobby omosessuale pubblicava una rivista intitolata significativamente «Dieci per cento». Infatti, uno degli slogan propagandistici del movimento era questo: il dieci per cento degli americani era omosessuale anche se i più non lo dichiaravano apertamente. 

Quando Clinton, la cui elezione era stata appoggiata dal movimento, non potè mantenere (come sempre accade) tutte le sue promesse elettorali, detto movimento minacciò di togliergli il suo favore sventagliando quel famoso dieci per cento. Il presidente rispose commissionando uno studio scientifico di livello accademico. 

Quest’ultimo, dati alla mano, ridusse quel dieci per cento a un più ragionevole uno virgola qualcosina. Clinton tirò un respiro di sollievo, fece pubblicare con gran risonanza la ricerca e riprese a occuparsi di cose più serie.