Certo, lascia un po’ perplessi quella nozione di «morte cerebrale» che deve precedere, per legge, l’espianto degli organi da un corpo a scopo trapianto in un altro. In teoria, dovrebbero saperlo tutti che l’espianto in questione deve avvenire non da un cadavere totale ma da un organismo il cui cuore batte, la circolazione del sangue è attiva e pure la respirazione (sebbene ausiliata da ventilazione). 

Ma l’insistenza sulla «morte cerebrale» lascia intendere che quello lì sia stecchito definitivamente, laddove solo il cervello è da considerarsi “morto”. Non voglio domandarmi se qualcuno si sia mai risvegliato da quella «morte cerebrale», altrimenti bisognerebbe ammettere che stiamo dibattendo di una definizione di «morte» puramente burocratica. Ma solo esternare, ripeto, perplessità. 

Un’altra delle quali è data dalla norma sul cosiddetto «silenzio-assenso», vistosa eccezione alle regole giuridiche consuete: infatti, nel nostro codice civile «chi tace» non «acconsente» ma non dice nulla e basta. Certo, se uno è cerebralmente «morto» non può esprimersi: da qui la regola. Che, tuttavia, potrebbe essere del tutto opposta: «silenzio-diniego». 

Invece, chi non acconsente a farsi espiantare in caso di decesso cerebrale, deve fare apposita dichiarazione scritta, con buona pace dei distratti e degli analfabeti disinformati. Un’ultima perplessità mi viene dall’esistenza della Lega nazionale contro la predazione di organi (www.antipredazione.org), attiva dal 1985. 

Essa testimonia che i perplessi come me sono in numerosa compagnia e che l’unanimità sul «salvare vite» a scapito di qualcuno che non è ben sicuro se sia davvero trapassato è ben lungi dall’essere raggiunta. Mi si dirà che l’obiettivo di salvare vite umane val bene qualche incertezza. Risponderò che, in una prospettiva cristiana (qual è la mia), l’unica salvezza che conta è quella eterna. Quella terrena, anzi, di solito si apprezza chi la sacrifica a pro degli altri. 

Ma non intendo certo polemizzare, data la delicatezza del tema. Anche perché non ho le idee chiare in proposito. Solo delle perplessità. Condivise, a quanto pare.