Dopo aver letto uno dei miei Antidoti sul tema, Franco Battaglia, lodevole scienziato antiecologista, mi ha inviato alcuni approfondimenti che immediatamente giro. 

Ecco qua: Sophie Germain, una delle più brillanti matematiche francesi, fu costretta ad assumere furtivamente l’identità di monsieur Le Blanc per poter essere ammessa all’Ecole Polytechnique di Parigi (fondata nel 1794); Emmy Noether, «il più importante genio creativo della matematica sino ad oggi prodotto da quando l’istruzione superiore è aperta alle donne» (parole di Albert Einstein), rischiava di non conseguire la libera docenza a Gottingen con la seguente motivazione, espressa dalla maggioranza della facoltà: «Cosa penseranno i nostri soldati quando scopriranno di dover imparare da una donna?». 

Fu il grande matematico Hilbert, estimatore della Noether, a far osservare che, dopo tutto, il senato accademico non era un bagno pubblico. Hardy, il più noto matematico inglese moderno, alla richiesta se la Noether fosse davvero il più grande matematico-donna vivente, rispose: «Emmy è un grande matematico, ma che sia donna non posso giurarlo»; Marie Curie, in quanto donna, non poteva essere professore alla Sorbona, ma le si concesse di dirigere il laboratorio del marito: solo dopo la morte di lui le diedero la cattedra. Tuttavia, in quanto donna, le fu negata l’ammissione all’Académie de France. 

Tutto questo accadeva non nel “buio” Medioevo (là, infatti, non sarebbe accaduto) ma ben dopo l’Illuminismo e nei secoli del “progresso”. Anzi, va detto che, all’indomani della Rivoluzione francese, alla grande festa dell’«Essere Supremo», presente Robespierre e tutto lo stato maggiore giacobino, le donne dovettero assistere in un settore separato: era la prima volta che una cosa del genere accadeva.