Nel 1994 Il p. Robert A. Graham scrisse un articolo su «Civiltà cattolica» intitolato Ideologia nazi-comunista nella seconda guerra mondiale. Nel paragrafo «Il Partito Comunista Francese e la guerra» ricordò che nel 1939 fu il patto di non aggressione siglato tra Hitler e Stalin il 23 agosto ad aprire la strada alla guerra. Per anni il partito comunista francese aveva «denunciato ad alta voce il nazismo o “fascismo”, come preferiva definirlo». Infatti, «molti comunisti tedeschi languivano nei campi di concentramento e la stessa Parigi era piena di esuli dalla Germania».
Il fatto era che «Mosca non aveva fatto il minimo accenno a ciò che bolliva in pentola, tanto meno aveva dato istruzioni su come comportarsi a riguardo». Così, «Stalin, conclusero le sue menti, con una mossa geniale, aveva inaugurato la storica “guerra imperialista”». Già: «ora i nazisti imperialisti e le democrazie erano gli uni contro le altre all’inizio di una guerra prevedibilmente rovinosa, che avrebbe visto la fine del capitalismo e aperto la strada alla rivoluzione proletaria».
Solo che, «prima del voltafaccia sovietico, i deputati comunisti avevano addirittura votato alla Camera a favore del bilancio militare. Ma ora (…) si dichiararono contrari alla guerra. La reazione del Governo» fu che «il partito venne bandito e il suo quotidiano, L’Humanité, soppresso». Tuttavia, i membri del partito alla Camera si riorganizzarono sotto un altro nome e, il 9 ottobre, inviarono una petizione a Edouard Herriot, presidente della Camera, nella quale chiedevano immediati negoziati di pace con la Germania. Dopo tanti mesi di denunce nei confronti dei munichois, adesso erano i comunisti stessi a chiedere una nuova Monaco. Alcuni giorni più tardi, Maurice Thorez, segretario generale del Partito Comunista Francese, disertò dall’esercito e fuggì in Belgio attraversando il confine.
Da lì Thorez si recò in Russia, dove rimase. Anche Jacques Duclos, un altro leader del partito, si trasferì in Belgio e da qui ritornò quando i tedeschi entrarono a Parigi». Si noti che, nel periodo di non-aggressione, «Stalin non chiese a Hitler il rilascio dei molti comunisti tedeschi». Per quanto riguarda i comunisti francesi, «l’opposizione alla guerra, con quello che comportava di slealtà e diserzione, per non dire tradimento, (…) implicò anche la collaborazione con il nemico. Ma nel giugno del 1941 le cose subirono un altro cambiamento radicale. La guerra non era più una “guerra imperialista”: la madrepatria sovietica era in pericolo». Così, essi «entrarono nella résistance, sabotando le installazioni tedesche. Alla fine del 1944, Maurice Thorez, di ritorno dall’Unione Sovietica, riprese il suo vecchio posto, salutato dalla stampa comunista, con uno sfacciato bluff, come un eroe della resistenza. A volte l’ideologia può presentare aspetti comici».