Estate, tempo di due ruote. Chi deve restare in città a lavorare (le ferie durano solo poche settimane) tiene le finestre aperte per via del caldo. Così può godere del rombo delle moto, cosa che li costringe ad aumentare il volume del televisore contribuendo al frastuono complessivo.
Chissà perché le moto non sono silenziate. Forse perché andrebbero più lente? Già. Così, per esse (e per i motorini smarmitatti) l’inquinamento acustico non vale. Nemmeno i limiti di velocità. I vigili si occupano solo di caschi obbligatori. Poi, te ne vai sul lago e scopri che ci fanno i moto-raduni. Cinquanta, cento motociclisti in groppa al meglio mondiale, con tanto di partner dietro.
Immaginate il casino. Ma è estate, e a loro piace il vento in petto, sgassare, filare a freccia; tanto, il fracasso se lo lasciano alle spalle. Infine ci sono le bici, che da quando hanno saputo di essere ecologiche salgono sui marciapiedi, vanno contromano, evitano le piste ciclabili perché ci si fora. Ho una vera passione per le due ruote, infatti non ci vado proprio. Mi diverto a guardare quelli che ci vanno, come quei vecchietti che, una pedalata all’ora, credono di essere ancora nel 1901 e, smontando senza guardare chi arriva, magari ti assestano una pedata al basso ventre.
Amo le moto, soprattutto quelle che percorrono le città (semi)deserte di notte, quando possono accelerare allo spasimo. E’ stato calcolato che basta una sola moto attorno alla Torre Eiffel per svegliare tutta Parigi. Tranne la polizia, s’intende.