Nelle classifiche impazzano i libri a due voci. «Alcuni noiosissimi, per esempio quello di Augias e Mancuso, in cui il giornalista senza alcuna competenza teologica pone domande compiacenti e prevedibili al teologo che, pur essendone in grado, non sviluppa mai un pensiero compiuto. Così i due finiscono per non affrontare alcuna disputa su Dio: il titolo del libro è miseramente tradito». Così scrive il filosofo Stefano Zecchi sul «Il Giornale» del 13 giugno 2009. E dice qualcosa anche sul duo Giorello-Boncinelli: «Giorello, riferendosi al suo talk con Boncinelli, dice che il dialogo è la forma saggistica più democratica. Scopre la democrazia letteraria. Bisogna capirlo, non riesce a liberarsi dalle sue origini culturali. Per anni è stato al seguito del suo maestro Ludovico Geymonat in pellegrinaggio in Albania dove andavano insieme a inneggiare al glorioso capo dello stato Enver Hoxha, ultimo granitico difensore del marxismo-stalinismo: il comunismo di Tirana val bene una cattedra. D’altra parte anche oggi Giorello ha un curioso concetto di democrazia: lui e Boncinelli, che parlano dello scimmione intelligente, cioè di loro, sono giocatori della stessa squadra, così vincono sempre e, a scanso di rischi democratici, dicono le stesse cose».