Il 27 maggio 2009 un lettore, su «Il Giornale», si lamentava di essere stato disinformato. Era accaduto che, il 23 maggio, era apparsa la stupefacente notizia che in Olanda si sono tante di quelle celle carcerarie vuote da indurre il governo a offrire posti al vicino Belgio. Confesso di essere stato tratto in inganno anch’io, avendo solo scorso i titoli quel giorno. Mi sono detto: possibile che l’Olanda sia il paradiso dell’ordine pubblico? Ma poi, distratto da altre notizie, passai oltre nella lettura. Del resto, dovendo ogni giorno leggere una vagonata di roba, è prassi normale, per me, scorrere i titoli per soffermarmi solo su quegli articoli che siano suscettibili di interessare uno che fa il mio mestiere. Quel lettore, però, aveva fatto anche i conti e scoperto che una popolazione carceraria sui 12mila detenuti in rapporto a 6 milioni di abitanti dava una percentuale quasi doppia della nostra. Dunque, l’Olanda non è affatto un paradiso ma, semmai, il suo contrario. Il problema è che i giornalisti devono riempire tutti i giorni il giornale per cui lavorano. Ora, poiché è impossibile che tutti i santi giorni accada qualcosa degno di essere portato alla conoscenza del pubblico, lascio a voi le conclusioni. Tra i giornalisti circolano un paio di battute che val la pena meditare. Una è questa: «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare». E questa è l’altra: «Non dite a mia madre che faccio il giornalista; lei crede che io suoni il piano in un bordello».