Cari amici, molti di voi mi hanno visto martedì 9 giugno su «Top secret», programma su Rete 4 condotto da Claudio Brachino. Io e Marina Montesano commentavamo il film di Milos Forman L’ultimo inquisitore, prima e dopo la visione. La Montesano è coautrice, con Franco Cardini, de La lunga storia dell’Inquisizione (Città Nuova), io ho scritto La vera storia dell’Inquisizione (Piemme, prefazione di Franco Cardini). Insomma, due libri garantiti da uno dei massimi medievisti al mondo. Non c’era molto tempo per fare le pulci storiche al film, che sul tema «Inquisizione» pescava nel più torbido dei romanzi gotici ma di storico non aveva nulla (e poi, tra un film di due ore e un controintervento di pochi minuti non c’è partita). Si dirà che le opere di fantasia non hanno obblighi con la storicità; però io, che scrivo anche romanzi storici, la storia la rispetto. I registi cinematografici, invece, devono fare i conti con chi dà loro i non pochi soldi che servono a fare un film, e pagare tributo alle lobby che tengono i rubinetti del denaro. Le quali, oggi, sono ideologicamente nemiche della Chiesa. Ora, poiché il grosso pubblico non legge i saggi storici ma guarda i film, detto grosso pubblico rimane come era quello sovietico rispetto alla storia del comunismo: miti e fandonie al posto dei fatti, perché non c’è migliore schiavo di quello che non sa di esserlo. Credete che l’Oliver Stone de Le crociate (Heaven’s Kingdom) e il regista de Il ponte di San Luis Rey (con De Niro e cast stellare) non possano permettersi di consultare uno storico serio? Dunque, quando falsificano la storia, lo fanno apposta. Per questo il Beato don Alberione aveva fondato (prima del Concilio) la San Paolo Film. Nel film di Forman tutto quello che si vede sull’Inquisizione è volutamente falso, e anche incongruente, come ho detto in trasmissione. Da secoli, per esempio, due cardinali dovevano visitare le celle inquisitoriali per controllarne lo stato due volte al mese. Le lenzuola venivano cambiate due volte alla settimana. Non c’erano le catene e c’erano le ore d’aria e i permessi sulla parola. Ma non fatemi ripetere qui quel che ho scritto sul mio libro. Fate solo sapere ai capoccioni ecclesiastici che, nella civiltà dell’immagine, fa più un solo film di Mel Gibson di tutti i loro piani pastorali.