Il più  importante agente sovietico scappato in Occidente è Ion Mihai Pacepa, fino al 1978 generale della Securitate romena e consigliere di Ceausescu. Il 25 gennaio 2007 sulla «National Review» di New York comparve un suo resoconto sull’operazione «Seat 12», cui aveva preso parte. Nikita Kruscev aveva incaricato il capo del Kgb, Aleksandr Schlepin, di far fare il lavoro sporco ai romeni, che avevano appena scambiato il vescovo cattolico Augustin Pacha, loro prigioniero, con due loro agenti detenuti nella Germania Ovest. Il generale Pacepa avrebbe dovuto chiedere al Vaticano un prestito di un miliardo di dollari (anno 1960) senza interessi, offrendo in cambio il ripristino dei rapporti diplomatici. Ma ci voleva un scusa «storica» da dare in pasto all’opinione pubblica romena, perciò tre sacerdoti romeni avrebbero dovuto poter accedere all’archivio vaticano. La trattativa fu condotta da un alto funzionario della Segreteria di Stato, Agostino Casaroli (non ancora cardinale). Per i soldi si trattò a lungo ma l’archivio fu aperto subito. Così, dal 1960 al 1962 tre «sacerdoti» romeni (che erano in realtà agenti segreti) fotografarono e spedirono a Mosca moltissimo materiale. Il capo del famigerato Dipartimento D (Dezinformatsija) del Kgb, generale Ivan Agajanz, consegnò il tutto al tedesco Erwin Piscator, il quale contattò Rolf Hochhuth, già membro della Hitlerjugend e ora, dopo aver fatto il libraio, lettore nella casa editrice Bertelsmann. Grazie a Piscator lo sconosciuto Hochhuth potè mettere in scena nel 1963 il dramma Il vicario, la cui pubblicazione era corredata da quaranta pagine di «Osservazioni storiche». Partì da qui la diffamazione di Pio XII, che ancora tiene banco. Michael Hesemann nel suo Contro la Chiesa (San Paolo) auspica che Putin apra gli archivi del Kgb per confermare tutta questa storia. Naturalmente- diciamo noi- non lo farà, perché verrebbe fuori anche altro.