Mi pare giusto riportare per intero una lettera spedita a «Toscana medica» (settembre 2009) da Ugo Catola, neuropsichiatria e criminologo del Centro Studi di Firenze (ringrazio la «Rassegna stampa» del Centro di Documentazione Cattolica di Marina di Pisa per avermela girata): «Ancora due casi sulle pagine dei giornali, con relative vittime, totalmente innocenti: l’omicidio del meccanico schiacciato da uno psicotico schizofrenico alla guida di un autobus rubato in un deposito a Livorno e il triplice omicidio d’uno psicotico depresso a Reggio Emilia. Da questi, e da molti altri casi, che continuano a riempire la cronaca criminale delle nostre contrade, sorge sempre la stessa domanda: dov’è e come funziona la psichiatria pubblica, quella pagata con i soldi del contribuente, i così detti “servizi psichiatrici”? Non finirò mai di ribadire che il vero punto debole della legge Basaglia non è la chiusura dei manicomi, in parte condivisibile perché si erano trasformati in cronicari e discarica sociale, ma nella deresponsabilizzazione della psichiatria pubblica, nella sua abdicazione ad agenzia di controllo sociale. L’abrogazione degli articoli del codice penale -omessa denuncia di malati di mente pericolosi, omessa custodia di malati di mente- contenuta nella legge Basaglia, quasi passata inosservata, parla chiaro. Adesso la responsabilità dello psichiatra è quasi scomparsa. Tutto dipende dalla sua onestà intellettuale e al suo arbitrio, dal suo sentire e dal suo desiderio d’intervenire nei casi più scabrosi senza paura e senza falsi pietismi, quando è necessaria una terapia, spesso non accettata dal paziente, o un ricovero. Però anche chi volesse farlo deve soggiacere alla volontà del sindaco, unica autorità politico-amministrativa (e non medica) in grado di discernere e decidere, essendo venuta meno la procedura d’urgenza, dove il medico poteva autonomamente decidere secondo scienza e coscienza, prevista nella precedente normativa. E poi la legge prevede un ricovero massimo di sette giorni e non più di 15 posti letto nei reparti, pardon, servizi psichiatrici ospedalieri, come se il legislatore potesse forgiare a suo piacimento la durata della malattia e delle cure. E che dire delle menti ancora intossicate dall’ideologia basagliana, che nega la vera natura delle malattie mentali e la pericolosità dei pazienti, attribuendo il tutto all’indimostrato assioma: la società li ha fatti ammalare, ricacciamoli a forza nella società, se succede qualcosa è un prezzo che dobbiamo pagare. Purtroppo a pagare non sono mai gli psichiatri o gli amministratori, ma i vicini (familiari e non) e gli stessi pazienti, ai quali si spalancano le porte del cimitero e della galera».