Flavio Claudio Giuliano, meglio noto come l’Apostata, è stato glorificato da Gibbon, Voltaire, Gore Vidal (in un romanzo). Fu imperatore «per un breve, disastroso periodo (361-363)» ed era «un pagano puritano, ascetico e fanatico, iniziato a molti dei culti misterici, compresi i misteri eleusini e probabilmente anche il mitraismo». Fu «molto attento a comportarsi in pubblico come cristiano» fino a che non divenne imperatore, dopoché fece subito “outing” contro «coloro che con sprezzo definiva “galilei”». Non volle creare nuovi martiri ma «condonò la tortura di diversi vescovi, ne esiliò altri e ignorò le esecuzioni sommarie» avvenute in grande quantità in Siria. Non fece una piega quando le vergini cristiane di Eliopoli «furono sezionate membro a membro e i loro resti gettati ai porci». Alla notizia che sul trono c’era un pagano, i pagani di Alessandria si affettarono «a torturare il vescovo cristiano della città, a tagliarlo a pezzi e quindi a crocifiggere molti cristiani». Giuliano, saputolo, semplicemente si appropriò della biblioteca del vescovo ucciso. Vietò ai cristiani di «insegnare i classici», ben sapendo che «i bambini cristiani non sarebbero stati in grado di competere con la cultura d’élite dell’antichità classica». Spronò i sacerdoti pagani alla beneficenza per far concorrenza ai cristiani ma invano. Morì in battaglia dopo soli diciotto mesi «durante una folle campagna contro i persiani». Ma era riuscito a «far rivivere nei cristiani l’ansia che si stesse avvicinando una nuova era di persecuzioni crudeli». Il rischio era concreto, perché il suo favorito, Procopio, nel 365 si proclamò imperatore. Ma l’esercito lo abbandonò e imperatore divenne il cristiano Gioviano. Cfr. Rodney Stark, Le città di Dio, Lindau.