La notte tra sabato e domenica 21 agosto 2001, nel Cie (centro identificazione extracomunitari) di Torino è scoppiata l’ennesima rivolta con i soliti danneggiamenti (a carico di pantalone). Non è la prima. Tra febbraio e marzo nei vari Cie italiani rivolte a orologeria hanno portato la polizia sulle tracce di una regia anarchica («Il Giornale del Piemonte»). A battaglia finita, si trovano nell’area coinvolta palline da tennis o addirittura patate imbottite di hashish, che gli anarco-insurrezionalisti lanciano all’interno. A che serve la droga? Semplice: se un immigrato dimostra di essere “tossico”, viene mandato in un centro di recupero. Dal quale è più facile sparire e far perdere le proprie tracce. Anche le rivolte servono solo a far scappare qualcuno. Le istruzioni le buttano all’interno i soliti «antagonisti». I quali poi danno il segnale gettando petardi, petardi che servono ad attirare le forze dell’ordine mentre gli immigrati scappano dall’altra parte. La finta rivolta torinese del Cie di Corso Brunelleschi ha avuto, questa volta, come protagonisti i tunisini. I famosi «disperati» di cui i tiggì ci mostrano i barconi.