Giuliano Ferrara, sul “Foglio” del 25 agosto 2012, auspicava una serie di twitter sul Sillabo, un Sillabo moderno. Eccone un paio (troppo lunghi per Twitter) di veramente profetici, tratti dal mio libro “L’ultima difesa del papa-re: elogio del Sillabo di Pio IX” (Piemme, 2001). I numeri romani si riferiscono a proposizioni condannate dalla Chiesa.

XVLII

L’ottimo andamento della società civile richiede che le scuole popolari, aperte ai fanciulli di qualunque classe del popolo, e in generale tutti i pubblici Istituti destinati all’insegnamento delle Lettere e delle discipline più gravi, nonché a procurare l’educazione della gioventù, siano sottratte a ogni autorità, influenza moderatrice e ingerenza della Chiesa, e vengano assoggettate al pieno arbitrio dell’autorità civile e politica, a piacimento dei sovrani e a seconda delle comuni opinioni del tempo.

Almeno, quella che Pio IX aveva sotto gli occhi era una scuola «assoggettata all’autorità civile e politica», anche se fu profetico nel paventarne una assoggettata alle «comuni opinioni del tempo». Infatti, che cosa si insegna nella scuola odierna se non il più piatto politically correct (ideologia della quale i governi sono ormai proni notai) che priva i ragazzi proprio di quello «spirito critico» e «d’iniziativa» che la scuola, dal Sessantotto, millanta di favorire?

LXIV

Tanto la violazione di qualsiasi santissimo giuramento, quanto qualunque scellerata e criminosa azione repugnante alla legge eterna, non solamente non è da condannare, ma sibbene torna lecita del tutto, e degna di essere celebrata con somme lodi, quando ciò si faccia per l’amore di patria.

Naturalmente, la «patria» del tempo di Pio IX era quella ideologica, giacobina, la Nazione, cioè il nazionalismo. Tant’è che pezzi di territorio italofono furono ceduti alla Francia in cambio dell’appoggio bellico contro l’Austria. E mai, tra le «terre irredente», venne presa in considerazione l’italicissima Corsica (figurarsi Malta). La Rivoluzione francese, madre di tutti gli –ismi, tramutò il concetto antico di «terra dei padri» in qualcos’altro, in un’astrazione, tanto che il capo vandeano Charette, parlando ai suoi combattenti, diceva: «Parlano di “patria”. Ma che cosa intendono? Lo sapete voi? Essi la loro “patria” l’hanno nella testa. Noi, la nostra, l’abbiamo sotto ai piedi». Ovviamente, gli –ismi hanno poi messo da parte anche la «patria» e, dopo le ideologie totalitarie del XX secolo (per le quali valse, eccome, quanto condannava nel 1849 la proposizione LXIV del Sillabo), oggi è il turno di quella «politicamente corretta», altrettanto totalitaria. E insopportabile.