Da Silvio Solero, «L’islamismo, sintesi storico-critica», Manuali Hoepli, 1928: «La scrittura occidentale moderna, alfabetica, esprime tutti i suoni, di tutte le lingue, con soli trenta caratteri: un uomo fatto impara a leggere in qualche ora, un fanciullo in qualche mese: chi sa leggere una pagina sa leggere tutti i libri e possiede la chiave di tutte le scienze. Invece la scrittura araba (…) esige 800 caratteri tipografici per la stampa d’un libro o d’un giornale: ogni tipografo dev’essere un letterato: occorrono molti anni per imparare a leggere: le traduzioni sono difficilissime, difficile leggere con frutto senza conoscere a fondo la terminologia delle scienze tradotte. (…) La potenza islamica ebbe una lunga durata per il fatto che, ad ogni svolta della sua storia, essa trovò forze nuove che si mettevano al servizio dell’Islàm. Quando parevano tramontare col Califfato di Bagdad le sorti stesse dell’Islamismo, ecco nuove razze abbracciarlo, farsene prosecutrici, innestarlo alle loro crescenti fortune politiche. (…) Ma occorre tener presente che questo prestigio del Sultano (turco, ndr) ebbe sempre un temibile concorrente da parte dell’elemento arabo (…). Le rivalità tra la Mecca e Costantinopoli crebbero sempre più d’intensità e generarono uno spirito d’indipendenza in molti principati musulmani. (…) L’avvenire dirà se il rogo islamico sia spento per sempre, ovvero sia capace di divampare un’altra volta, incendiario, nel mondo».