Ricordate Nino Ferrer? Ottimo autore (sua è Un anno d’amore, notevole e raffinato blues cantato da Mina), è tuttavia rammentato per Il suo nome è Donna Rosa e il rithm’n’blues Vorrei la pelle nera, che ormai casca a fagiuolo da quando è stato lanciato il Black lives matter, ennesima americanata che sarebbe incomprensibile da noi se non fosse per la globalizzazione delle mode e degli slogan (sempre americani). Negli States ci sono cinesi e portoricani, messicani e coreani, ci sono pure gli indiani, ma solo i neri vengono esaltati. Sì, c’è stato lo schiavismo nel Sud, ma è finito nel 1864. Poi, tutta una serie di affirmative action hanno riservato quote nere quasi dappertutto (un vecchio film, Soul man, narrava di un giovane bianco che si dipingeva di nero per accedere ai posti riservati all’università), fino ai film di fantascienza con vikinghi di pelle nera. Il complesso di colpa però rimane tale che un presidente americano è stato eletto solo perché nero. Per rispetto (boh) li chiamano (e bisogna chiamarli, sennò è razzismo) afroamericani. I loro cugini d’Africa vengono letteralmente mantenuti dall’Occidente da sessant’anni, e chieder loro conto che cosa ne hanno fatto e ne fanno di questa valanga di denaro è tabù. Capito perché Vorrei la pelle nera? “Chi vuole può sostenere gli Antidoti cliccando sul bottone PayPal a destra nel sito o utilizzando questo link: www.paypal.me/rinocammilleri»