-«… va registrata una forte frustrazione – che talvolta sconfina in aperto risentimento – del mondo arabo nei confronti dell’Occidente e in primis degli Stati Uniti. A loro si imputa di avere aperto e/o tollerato negli ultimi due decenni una serie di crisi a ripetizione, giustificandole di volta in volta come necessari passaggi catartici per risolvere il problema palestinese, madre di tutte le questioni arabe (…). Invece, le guerre in Libano, Iraq, Siria, Libia, Yemen, le primavere arabe sfuggite di mano con esiti finali più autoritari dei prodromi, milioni di profughi destinati a esodi biblici inumani – non solo si sono sommate in un matassa micidiale impossibile da districare – ma addirittura hanno finito per cronicizzare le questione palestinese portandola su un binario morto. (…) Che la questione palestinese sia nel Medio Oriente più importante e centrale di quella ucraina lo conferma l’apertura che molti notiziari dedicano il 19 aprile 2022 ad un’altra conversazione diplomatica di alto livello per via telefonica tra Putin e il presidente dell’autorità palestinese, Abu Mazen. Altra notizia, ça va sans dire, quasi introvabile sui media nostrani persi nel decifrare mappe militari sconosciute fino a poche settimane fa» (I. Pellicciari, Formiche.net, 25.4.22).

-«Non si può dimenticare che l’Ucraina da anni è considerata da Stati Uniti e Nato una propria dépendance, una vera spina nel fianco dell’orso russo: fiumi di dollari, centinaia di istruttori, armi a profusione, guida dei laboratori di armi batteriologiche…. fatti che in gran parte sono stati tenuti nascosti, ma ora stanno emergendo nello sviluppo delle operazioni belliche (…). Quella in Ucraina è in sostanza una guerra tra Russia e USA/Nato: il popolo ucraino? Carne da macello» (G. Rusconi. Rossoporpora.org, 30.4.22).

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