A proposito di Ebola, così ha scritto Anna Bono il 4.4.16: «Ai primi allarmi lanciati da Medici senza frontiere, mentre la stessa Oms per mesi avrebbe ancora negato la gravità della crisi e addirittura rifiutato di definire quella in atto una epidemia, la Firestone, ad esempio, da cui dipende il 60% delle esportazioni di gomma della Liberia, ha allestito nelle proprie piantagioni due centri medici di isolamento, ha trasformato i propri furgoni in ambulanze e ha creato cordoni di sicurezza per controllare ingressi e movimenti di persone al fine di proteggere dal contagio i propri 8.500 lavoratori e i loro 71.500 dipendenti. ArcelorMittal, il colosso dell’acciaio, ha fatto altrettanto. Inoltre, ha organizzato dei corsi allo scopo di informare i propri dipendenti sulla malattia, ha delimitato delle zone cuscinetto attorno alle sue proprietà e ha creato dei presidi medici dotati di personale qualificato. Il risultato è che su 25.000 persone, tra dipendenti e famigliari, in un’area di quasi 1.300 chilometri quadrati, si è registrato un solo decesso. Le imprese straniere, le multinazionali, sempre accusate di sfruttare risorse e personale nei Paesi poveri senza fornire infrastrutture e servizi, in questo caso hanno riempito il vuoto lasciato da governi inetti e incuranti».