Secondo quanto riportato dall’agenzia Zenit.org dell’1 luglio 2008, il reverendo anglicano ugandese Sam Ruteikara, considerato un’autorità in materia di Aids, ha dichiarato senza mezzi termini che «la promozione del preservativo in Africa è fallita».
Ruteikara, presidente del comitato nazionale ugandese per la prevenzione dell’Aids, ha detto chiaro e tondo che la faccenda dei preservativi è diventata «un’industria miliardaria» che guarda solo al profitto e che, per giunta, a mandato a gambe all’aria quanto di buono era stato ottenuto dal governo.
Tra il 1991 e il 2002, infatti, in Uganda la percentuale della popolazione affetta dall’Hiv era scesa dal 21% al 6% con la famosa campagna ABC (Abstain, Be faithful, or use a Condor – Astieniti, sii fedele o usa il preservativo), con la fedeltà al primo posto. «Abbiamo promosso la fedeltà per le persone sessualmente attive, l’astinenza per i giovani e il preservativo solo come ultima risorsa». Ma poi sono arrivati gli «esperti internazionali» e con loro l’ideologia occidentale del sesso libero.
Così, le percentuali di Hiv sono salite di nuovo. Ma quelli hanno attribuito la cosa a mancanza di preservativi, «anche se abbiamo molti più preservativi ora che all’inizio degli anni Novanta, quando le percentuali dei contagiati dall’Hiv hanno iniziato a diminuire», dice Ruteikara. Norman Hearst, dell’Università della California di San Francisco, concorda e aggiunge «nell’Africa subsahariana la prevenzione deve essere collegata al comportamento sessuale, perché è quello che alimenta la pandemia». Infatti, in Africa anche le persone sposate hanno spesso uno/a o due amanti a lungo termine.