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«Invece di lavorare, molti uomini stanno semplicemente a casa senza far niente. Un rapporto del governo sostiene che i fannulloni passano molto tempo a “guardare”. Passano un sacco di ore su schermi di ogni dimensione e forma. Alcuni passano fino a 2.000 ore all’anno, quasi come un lavoro a tempo pieno. Film in streaming, videogiochi e social media riempiono le loro giornate. I lockdown per COVID hanno peggiorato le cose facilitando il rimanere seduti a guardare. Prima del COVID, alcuni di questi uomini avevano almeno un umile lavoro part-time. L’inondazione di benefici e i trasferimenti dai pacchetti di aiuti COVID ha dato a molti una scusa per non fare nulla. “Abbiamo fatto una prova generale limitata a un reddito base universale”, riferisce più recentemente Eberstadt sui 18 mesi di benefici COVID che hanno scoraggiato il lavoro. La gente si è fatta l’idea che il governo ha risorse infinite per sostenerli nel loro ozio» (J. Horvat, Tfp, 17.2.22).

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Curioso Paese, gli Usa, «culla della democrazia». Due soli partiti, se uno vince l’altro sloggia. Cioè, ogni quattro anni il nuovo Presidente disfa quel che ha fatto il predecessore. E dei quattro anni ne governa solo tre, perché il quarto è interamente impiegato a cercare di farsi rieleggere. Gli americani amano la doccia scozzese. Bah, sarebbero solo problemi loro se, ahimè, non fossero anche nostri.

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Come ha ben descritto Gianandrea Gaiani su La Nuova Bussola Quotidiana del 13 giugno 2014, grazie allo shale-gas e allo shale-oil gli Usa sono diventati la prima potenza energetica del mondo e sono autosufficienti. Perciò il loro interesse, a questo punto, è che le regioni già produttrici di combustibile stiano in stato di permanente instabilità politica, così da fare le scarpe ai concorrenti economici (Russia, Ue, Cina, Giappone, India). Basta dare un’occhiata a Libia, Iraq, Siria, Ucraina, Afghanistan. E’ vero, alcuni di questi disgraziati luoghi non producono. Ma ci passano gli oleodotti. Sì, portare nella nostra parte di mondo il gas americano costerà un po’ di più, ma non c’è, e sempre meno ci sarà, alternativa. La pace, la democrazia, gli alti ideali? Agli americani sono sempre interessati i soldi e solo quelli. In fondo, li ammiro.

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Sul suo blog www.chiesa del 30 agosto 2012 il vaticanista Sandro Magister scrive: “Che l’ateismo sia tipico dell’Occidente è una leggenda smentita dai fatti. L’ultimo grande sondaggio mondiale della Gallup sul tema lo vede primeggiare in Cina, dove quasi metà della popolazione si dichiara atea, seguita a ruota da Giappone e Corea. In Europa la miscredenza è di casa in Francia, nella Repubblica Ceca e nell’ex Germania dell’Est, ma altrove registra quote contenute. E negli Stati Uniti è ai minimi termini, appena al 5 per cento della popolazione, nonostante il dirsi atei non sia più oggi uno stigma sociale come lo era in passato”. Poi fa notare: “Per la prima volta nella storia, le elezioni presidenziali del prossimo 6 novembre vedranno in corsa due cattolici per il ruolo di vice: Joe Biden con il democratico Barack Obama e Paul Ryan con il repubblicano Mitt Romney (…). Politicamente, vescovi e fedeli sono divisi, chi per Obama, chi per il mormone Romney. Nessuno chiede che i cattolici facciano corpo compatto, tanto meno formando un partito. Nessuno, da fuori, accusa di ingerenza i vescovi, cittadini alla pari. Nessuno invoca – come avviene ad esempio in Italia – una immissione organizzata dei cattolici in politica (…). Ciò che è caratteristico degli Stati Uniti è che questo vivace confronto avviene alla luce del sole, con prese di posizione pubbliche, sul contenuto dei problemi (…). In campo politico, i cattolici degli Stati Uniti semplicemente sono presenti tanto quanto ne sono capaci. Lo spazio pubblico è anche il loro, come lo è di tutti. La loro forza è di convincere, non di imporre”.